Le tane fossili indicano dove cercare la vita su Marte

Uno studio congiunto dell’Università di Genova in collaborazione con l’Università Statale di Milano e il Naturtejo UNESCO Global Geopark/Istituto D. Luiz ha scoperto che su Marte ci potrebbero essere tane e piste lasciate dagli antichi abitanti del Pianeta Rosso. Lo studio, pubblicato su PeerJ, Fornisce strumenti di pianificazione utili per le prossime analisi condotte dal rover Perseverance, e per le future missioni in cui verranno raccolti campioni di rocce marziane

Milano, 12 ottobre 2021 – Su Marte, tutt’attorno al Cratere Belva, ci potrebbero essere tane e piste lasciate dagli antichi abitanti del Pianeta Rosso. Questa conclusione rivoluzionaria – diffusa oggi con una nota stampa dall’Università Statale di Milano –  è stata raggiunta in un nuovo studio condotto da un team multidisciplinare di scienziati guidati dal paleontologo Andrea Baucon (Università di Genova) in collaborazione con Fabrizio Felletti (Università degli Studi di Milano), Carlos Neto de Carvalho (Naturtejo UNESCO Global Geopark/Istituto D. Luiz, Portogallo), Antonino Briguglio (Università di Genova), Michele Piazza (Università di Genova).
Lo studio è stato pubblicato sul numero di settembre della rivista PeerJ. Lo studio combina tane fossili (icnofossili) provenienti da 18 siti paleontologici terrestri e sofisticati modelli al computer per rispondere ad una delle domande più fondamentali della scienza: dove trovare (eventuale) vita su Marte?
Fornire una risposta è estremamente difficile. Infatti, è almeno dagli anni ’50 che gli astrobiologi affrontano due grossi limiti nella ricerca della vita extraterrestre: questa potrebbe essere irriconoscibile oppure potrebbe essere stata obliterata. Specificatamente, la vita extraterrestre potrebbe differire da quella terrestre per forma e biochimica, rendendo inutili le ricerche basate sulle caratteristiche fisico-chimiche degli organismi della Terra. Inoltre, la fossilizzazione è un evento eccezionale: decomposizione, impatti di meteoriti e processi geologici riducono drasticamente la possibilità di ritrovare un eventuale fossile extraterrestre.
Andrea Baucon ed i suoi coautori propongono un nuovo approccio: invece di cercare resti fossili di interi organismi o loro frammenti, ricercare tane, piste, impronte e perforazioni (icnofossili) lasciate da eventuali organismi marziani. In altre parole, i ricercatori non cercano l’equivalente dello scheletro di un tirannosauro, ma mirano alle sue impronte fossilizzate. “Tra le testimonianze di vita più antiche della Terra ci sono icnofossili – lunghi anche diversi centimetri – prodotti da batteri ed altri organismi unicellulari. Potrebbe essere successo anche su Marte” spiega Baucon.

(Fonte e foto: Ufficio Stampa Università Statale di Milano)
EdP-mb

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